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SimCity

Reboot della serie, con nuovo focus, nuova impronta e diversa concezione, SimCity punta più di ogni altro capitolo principale del franchise al cambiamento, imboccando una strada tortuosa o forse addirittura sbagliata, risultando nella perdita dell’anima della saga ed una esageratamente marcata contaminazione di tipo online-based completamente non necessaria, che toglie profondità a questo nuovo capitolo, dove tuttavia risaltano alcune buone idee.

SimCity 4

Nel 2003 Maxis affronta il cambiamento. Nuovo focus, nuovo engine, nuova interfaccia, nuve meccaniche, più The Sims. Si perché SimCity 4 condivide molto lo spirito e la personalità con la neo serie di Maxis, andando a creare una certa connessione tra i due franchise ma senza snaturare quello che é il cuore di SimCity, cosa che questo capitolo riporta in auge ed anzi esplora su nuove frontiere espandendo il gameplay e perfezionandosi, pur rimanendo ancora in parte legato(forse troppo) al passato.

SimCity 3000

Sotto la gestione EA e senza il suo creatore Will Wright, il team di Maxis sviluppa e confeziona un prodotto di qualità, che si allontana molto dall’inziale idea di un titolo completamente 3D, ma che riesce a trovare un compromesso. Tra qualche miglioria e diversi cambiamenti rispetto al precedente capitolo, portandosi dietro però anche alcune mancanze e sbavature tecniche, “SimCity 3000” ha molto da offrire, puntando molto(più che in passato) sull’abbellimento estetico della propria città.

SimCity 2000

Nel 1993 Maxis sviluppa e pubblica “SimCity 2000”, il sequel dell’acclamato titolo simulativo dell’omonimo franchise, che porta ancora una volta la firma del suo creatore Will Wright. Se con il primo capitolo gli sviluppatori avevano scosso l’industria con la novità e la diversità, con questo sequel si spingono oltre, proponendo un incredibile profondità ed una eccezionale realizzazione, andando a sopperire le mancanze del predecessore ed ampliandone le meccaniche.

SimCity

Will Wright, insieme al suo team di Maxis, porta a compimento nel 1989, “SimCity”, il gioco che ha ridato linfa al genere Simulation, che ha plasmato il termine city-builder, che ha rivoluzionato l’industria trascendendo i tipici concetti di punteggio, obiettivi e vittoria/sconfitta nei videogiochi, smantellando la allora tradizionale struttura di un videogioco, e portando la sola personalissima esperienza e creatività come ricompensa per il giocatore. “SimCity” non si vince, non si batte, non si finisce, non si completa e non vi si stabiliscono punteggi record. “SimCity” si gioca e si rigioca.

Return to Monkey Island

Torna sulla saga di Monkey Island il suo creatore originale, Ron Gilbert. In collaborazione con “Lucasfilm Games” e con il publisher “Devolver Digital”, Ron Gilbert e il suo studio “Terrible Toybox”, portano alla luce un titolo che si ricollega in qualche modo a tutti i capitoli della saga, ma che possiede un legame decisamente più profondo con i primi due capitoli, andando a rimarcare la consapevolezza che questa é la visione conclusiva della saga iniziata nel 1990, focalizzata sul fine ultimo della saga, ovvero il segreto di Monkey Island.

XCOM: Chimera Squad

Dopo un capitolo reboot ed un sequel dall’ottima qualità e dall’eccellente risvolto di pubblico e critica, una piccola porzione del team di “Firaxis Games” si imbarca nella creazione di uno spin-off dal più ristretto focus di gioco. Nel tentativo di esplorare nuovi approcci al franchise senza snaturarlo troppo, gli sviluppatori abbandonano molte delle vecchie meccaniche per crearne di nuove, sviluppando alla fine un titolo lontano dai capitoli principali ma vicino allo spirito della saga, aumentandone di molto i i ritmi e restringendo la scala di gioco.

XCOM 2

Dopo l’ottimo reboot della saga con “XCOM: Enemy Unknown”, il team di “Firaxis Games “si mette a lavoro sul sequel, con addosso meno pressione rispetto al primo capitolo ed inoltre un vasta gamma di feedback ricevuti dal pubblico, che hanno permesso allo studio di lavorare a mente più libera ed evolvere gameplay e storia in maniera più personale e creativa, rispettando le richieste dei fan. Il risultato é “XCOM 2”, un titolo che non perde lo spirito della saga ma che al tempo stesso aggiunge meccaniche nuove ed evolve diversamente la storia canonica.

The Bureau: XCOM Declassified

Lo sviluppo del titolo comincia nel 2006, dopo l’ottenimento del marchio “XCOM” da parte di “Take Two Interactive”. Da allora il gioco ha subito numerose modifiche, tanti riavvii e diversi team di sviluppo che si sono succeduti. Nel 2011 é “2K Marin” a prendere le redini, ripercorrendo i passi dei precedenti progetti e provando nuove strade, nel tentativo di convogliare action e tatticismo. Anche questa volta sono state tante le idee ed i setting scartati, fino a giungere, dopo 2 anni, a questo risultato, un esperimento di diversificare il franchise fondendo lo spirito strategico di XCOM con meccaniche da sparatutto tattico in terza persona.

XCOM: Enemy Unknown

In mano a 2K, il franchise viene rilanciato con questo titolo sviluppato dal capace team di “Firaxis Games”, che opta per un reboot della serie attraverso un remake del primo capitolo. Con un approfondimento di gameplay e trama insieme ad una semplificazione di alcune vecchie meccaniche, “XCOM: Enemy Unknown” si dimostra un eccellente rilancio della saga.

X-COM: Enforcer

Dopo un deludente capitolo simulativo ed un ancor peggiore titolo giocabile solo via email, la saga ha preso una cattiva piega, che culmina con questo ultimo capitolo dal gusto Action. La frammentata e assimilata “MicroProse” torna a lavorare sul franchise, finendo per usare risorse raffazzonate da altri progetti della serie XCOM cancellati dagli editori, nel tentativo di confezionare un prodotto quantomeno giocabile, ed a rischio cancellazione anch’esso. Il risultato é “X-COM: Enforcer”, un titolo talmente banale e rattoppato da macchiare inevitabilmente il franchise.

X-COM: Interceptor

Dopo 3 capitoli di successo e dalla qualità innegabile giunge quello che é il primo titolo fuori rotta della saga, oltre che l’inizio di un declino importante per il franchise. Nonostante una qualità generale decente, “X-COM: Interceptor” non viene elogiato dalla critica e viene stroncato dal pubblico, con vendite estremamente deludenti quanto deludente é ciò che offre il titolo. “MicroProse” é tornata a lavorare al franchise, ma questa volta, senza una base dal quale partire, non riesce neanche ad avvicinarsi alla qualità dei capitoli precedenti.

X-COM: Apocalypse

“X-COM: Apocalypse” é il travagliato parto dei ragazzi di “Mythos Games”, a lavoro sul titolo da 3 anni. Lo sviluppo del gioco é risultato estremamente tedioso per il team a causa delle divergenze stilistiche e l’intromissione per la gestione del comparto grafico da parte di “Microprose”. Nonostante il gioco si dimostri completo e di ottima qualità, é un prodotto castrato. Il progetto originale vedeva mire più ambiziose e tante possibilità non più presenti nel rilascio finale del gioco. La sua complessità ed i rapporti con l’editor, hanno reso lo sviluppo del titolo un vero incubo per gli sviluppatori.

X-COM: Terror from the Deep

“Microprose” chiese a “Mythos Games” di sviluppare un sequel di “UFO: Enemy Unknow” in 6 mesi. Gli sviluppatori spiegarono che non era possibile senza lasciare intatto il gameplay e muoversi solo sulla grafica. Microprose allora li mise a lavoro sul terzo capitolo, sviluppando internamente il secondo. Come previsto, il titolo risulta in una elaborato reskin del precedente capitolo, con cambiamenti minimi al gameplay ed una nuova storia su di una base tecnica palese, solo con nuove vesti.

UFO: Enemy Unknown

Pensato inizialmente come sequel di “Laser Squad”, il nuovo progetto di Julian Gollop cominciato nel 1991, subisce diverse mutazioni nel corso del suo sviluppo, derivanti da suggerimenti e richieste del publisher “MicroProse” che fra le altre cose, suggerisce il tema UFO e meccaniche di gameplay dalla saga “Civilization”. Ecco che nel 1994, viene rilasciato “UFO: Enemy Unknown”, conosciuto in Nord America come “XCOM: Ufo Defense“, uno strategico completo, profondo e impegnativo con giusto alcune magagne tecniche, ma che riesce a portare al grande pubblico un genere di nicchia.

The Witcher 3: Wild Hunt

cover the witcher 3

Con la qualità e le peculiarità portate nell’ industria con i precedenti titoli della saga, un evoluzione impressionante dal primo al secondo capitolo ed una ricezione di pubblico e critica importanti, le aspettative sul terzo capitolo erano alte, e CD Projekt si è impegnata per raggiungerle, riuscendo anche a superarle. “The Witcher 3: Wild Hunt” è la dimostrazione che si può sempre fare di meglio rimanendo fedeli alle idee e assets iniziali, espandendo certi aspetti e migliorandone altri, spingendo abbondantemente sulla quantità senza sacrificare troppo la qualità. Ed è così che il team di sviluppo “CD Projekt RED” ha lavorato sul titolo, aggiungendo passione e amore per i videogiocatori, riuscendo a portare sul mercato un gioiello del genere Action-RPG, capace di intrattenere per diverse ore e per diversi motivi, pur mostrando i limiti di certe scelte di design e narrative.

The Witcher 2: Assassins of Kings

cover the witcher 2

Dopo l’esperienza maturata con il primo capitolo e l’ottima ricezione di pubblico e critica, “CD Projekt” porta avanti la saga di “The Witcher”, con un secondo capitolo che impara moltissimo dal predecessore e ne bissa parecchi difetti, sostenendosi questa volta da un motore dal più alto impatto visivo creato ad hoc dal team di sviluppo, il “RED Engine“. Con una base solida dal quale partire, un motore proprietario e adesso una certa esperienza nello sviluppo, CD Projekt RED riesce a confezionare un prodotto di diverse spanne superiore al precedente.

The Witcher

The Witcher cover

CD Projekt RED nel 2007 porta nell’industria videoludica i lavori di Sapkowski, pubblicando “The Witcher”, titolo che attinge a piene mani dall’omonima saga di romanzi dello scrittore in una formula un po’ acerba di Action-Adventure e dall’ossatura tecnica composta dall’ Engine “Aurora”, proprietà di BioWare. Tra alti e bassi il gioco ha delle qualità ma soprattutto carattere, che lo rendono uno dei più interessanti titoli del suo genere del 2007, portandosi dietro però, l’evidente inesperienza del team nello sviluppo diretto di un titolo, con diversi difetti sia a livello narrativo, tecnico che di gameplay.

Wasteland 3

Cover del gioco Wasteland 3

Annunciato da inXile Entertainment nel 2016, Wasteland 3 è stato finanziato dallo studio attraverso una campagna di equity crowdfunding terminata il mese dopo raggiungendo i 3 milioni di dollari. Il budget è aumentato dopo l’acquisizione dello studio da parte di “Xbox Game Studios”. Per il comparto grafico, inXile, è stata assistita da “Brotherhood Games”. Il titolo, per ragioni contrattuali stipulati prima dell’acquisizione, non è stato pubblicato da “Xbox Game Studios” bensì da “Deep Silver”.

Wasteland 2

Cover del gioco Wasteland 2

Dopo 26 anni dal primo capitolo, riuscendo a ottenere i diritti da “Electronic Arts”, Brian Fargo riesce a far tornare la saga di Wasteland, finanziando il progetto attraverso una campagna crawfunding di successo e ricomponendo il team originale che lavorò su Wasteland nel 1988. Sono stati coinvolti nel progetto anche Chris Avellone di Obsidian e Mark Morgan(Fallout 1 e 2) per la composizione della colonna sonora. La campagna crawfunding, lanciata nel 2012, ha raggiunto l’obiettivo prefissato di 1 milione in appena due giorni ed è terminata con quasi 3 milioni raccolti.

Wasteland

Partorito dalla mente di Brian Fargo, allora CEO di “Interplay Production”, “Wasteland” è il frutto della volontà degli sviluppatori(in primis Fargo) di allontanarsi dalla combinazione fantasy/RPG che saturava il mercato e proporre una ben più fresca ambientazione post-apocalittica. Ciò rese il titolo piuttosto unico e innovativo, non solo per il tema ma anche per diverse scelte di gameplay e game design che hanno dato vita al pioniere dei post-apocalittici e al precursore di Fallout.

Escape from Monkey Island

Cover del gioco Escape from Monkey Island

“Escape from Monkey Island” è l’ultimo capitolo della saga “Monkey Island” sviluppato e pubblicato da “Lucas Arts” ed anche l’ultima avventura grafica della compagnia. Rilasciato a 3 anni dal terzo capitolo, non utilizza più lo SCUMM engine ma il GrimE, portando, per la prima volta nella serie, ambienti e personaggi 3D oltre che discostarsi dal classico approccio punta e clicca.

Monkey Island 2 Special Edition: LeChuck’s Revenge

Cover del gioco Monkey Island 2: LeChuck's Revenge Special Edition

Lo sviluppo di un remake 1:1 del secondo capitolo della serie è stata proposto da Craig Derrick alla dirigenza “Lucas Arts” subito dopo l’uscita del remake, sempre diretto da Derrick, del primo capitolo. Come per il precedente ma imparando dagli errori di quest’ultimo, il team rinnova grafica ed interfaccia, inserendo doppiaggio e musiche riarrangiate ed aggiungendo bonus come commenti degli autori e concept art.

The Secret of Monkey Island: Special Edition

Cover del gioco The Secret of Monkey Island Special Edition

Con l’idea di fare qualcosa di nuovo pur rimanendo fedeli all’originale, alcuni alla Lucas Arts, tra cui il game producer Craig Derrick, proposero il remake del classico senza tempo della compagnia, “The Secret of Monkey Island”, realizzando un remake 1:1 dell’opera originale con un comparto grafico nuovo, musiche riarrangiate ed un sistema ed interfaccia rinnovate, aggiungendo al pacchetto dei bonus ed un doppiaggio inedito.

Tales of Monkey Island

Cover del gioco Tales of Monkey Island

Sviluppato e rilasciato nel 2009 da “Telltale Games” in collaborazione con “Lucas Arts”, questo quinto capitolo della saga, uscito in forma episodica, nasce per una rinnovato interesse della “Lucas Arts” per il genere Adventure, abbandonato nel 2000 con “Escape from Monkey Island”, e dalla volontà del team di “Telltale Games” di sviluppare un nuovo capitolo della saga. A dirigere il progetto vi è Dave Grossman, già collaboratore per i primi due capitoli della serie. Tornano anche altri nomi legati alla saga come il compositore Michael Land o l’ideatore del franchise Ron Gilbert(che tuttavia non è stato direttamente coinvolto nel progetto).

The Curse of Monkey Island

Cover del gioco The Curse of Monkey Island

A sei anni dal secondo capitolo, senza più Ron Gilbert alla guida del progetto, Lucas Arts rilascia “The Curse of Monkey Island”, terzo capitolo della saga, che vede diversi cambiamenti nello stile grafico e nel gameplay, cercando comunque di rimanere ancorato alla classico umorismo a cui la serie aveva abituato.

Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge

Cover del gioco Monkey Island 2: LeChuck Revenge

A poco più di un anno dal precedente capitolo, la “Lucas Arts” pubblica un sequel dell’oramai iconica saga di “Monkey Island”. Ron Gilbert pensava ad un sequel del primo capitolo già quando lavorava a “The Secret of Monkey Island”, in quanto la sua idea originaria era di sviluppare una trilogia. Con questo secondo capitolo, “Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge”, lo studio supera se stesso, realizzando una delle migliori avventure grafiche degli anni 90 ed ennesimo capolavoro della casa editrice.

The Secret of Monkey Island

Cover del gioco The Secret of Monkey Island

Nato per andare in controtendenza agli standard che il genere Avventura aveva creato fin dal 1976, Ron Gilbert per Lucasfilm Games(poi rinominata Lucas Arts), crea quella che è una pietra miliare del genere e dell’industria in toto, andando a influenzare inevitabilmente tutte le produzioni a venire, trasformando il nome Monkey Island in un cult e consacrando definitivamente la Lucas Arts.

BioShock Infinite

Cover del gioco Bioshock Infinite

Torna a lavorare al terzo capitolo “Irrational Games” con Ken Levine. Questa volta il titolo non porta una numerazione ma il sottotitolo “Infinite”, che simboleggia perfettamente il tema principale. Il gioco è a tutti gli effetti un prequel del primo capitolo al quale si ricollega attraverso la trama dei DLC. Levine per questo terzo capitolo della saga ha voluto allontanarsi da Rapture per realizzare a detta sua un “nuovo” Bioshock diverso e lontano dai primi due eppure estremamente connesso.

BioShock 2

Cover del gioco Bioshock 2

A questo sequel di Bioshock non hanno lavorato “Irrational Games” e Ken Levine come per il primo capitolo ma alcuni studi interni di “2K Games”, che hanno saputo comunque mantenere un certo standard per la serie, senza tra l’altro stravolgere il background di base o lo stile generale. Piuttosto sono riusciti a rendere diversa e ancor più d’atmosfera Rapture e a definire una filosofia completamente opposta a quella del primo capitolo, da una prospettiva altrettanto originale.

BioShock

Cover del gioco Bioshock

Nato come seguito spirituale di “System Shock”, “Irrational Games” ha plasmato “BioShock” seguendo tematiche ed ambientazioni ben diverse e sviluppando il titolo attorno alla filosofia dei personaggi che lo popolano e all’atmosfera delle ambientazioni della città di Rapture, costruendoci su una narrazione oltre che intrigante, dagli svolti sorprendenti, rendendosi esempio di come un videogioco possa essere un’opera d’arte.

Shadow of the Tomb Raider

Cover del gioco Shadow of the Tomb Raider

L’ultimo capitolo della trilogia di questa “nuova” Lara, doveva mantenersi sull’ottima qualità del precedente capitolo rinforzando alcune sezioni e migliorandone altre assumendo nel contempo una propria personalità. Il titolo tuttavia sembra frutto di una non ottimale collaborazione tra “Eidos Montreal” e “Crystal Dynamics”, che portano alla luce un comparto narrativo deludente, accompagnato da un discreto comparto grafico ed un ottimo gameplay, in uno squilibrio qualitativo che dopo gli ottimi precedenti capitoli non ci si aspettava.

Rise of the Tomb Raider

Cover del gioco Rise of the Tomb Raider

Dopo il solido primo capitolo, “Crystal Dynamics” torna con un seguito che aveva il compito di evolvere e perfezionare ciò che di buono aveva fatto nel 2013, dimostrando di ascoltare critica e fan. Se prima con Tomb Raider, abbiamo visto la nascita di una sopravvissuta, in Rise of Tomb Raider ne vediamo l’ascesa, con una Lara che, con le esperienze passate, si dimostra fin da subito pericolosa, in un sequel dalle eccellenti qualità.

Tomb Raider

Cover del gioco Tomb Raider 2013

Fare il reboot di un’icona dell’industria è una bella sfida, ma a volte è necessario ripartire da zero e “Tomb Raider” ne aveva bisogno. “Crystal Dynamics” sotto l’egida di “Square Enix”, a differenza del primo soft-reboot con “Eidos Interactive”, questa volta racconta di una Lara inesperta, spaventata e lontana dalle avventure alla Indiana Jones delle origini. Un personaggio più umano in una storia più matura e in un contesto articolato e ben sviluppato.

Tomb Raider: Underworld

Cover del gioco Tomb Raider Underworld

Con questo titolo, sequel di “Tomb Raider: Legend” e collegato anche agli eventi di “Tomb Raider: Anniversary”, termina la trilogia soft-reboot targata “Crystal Dynamics”. Il gioco è l’ultimo capitolo della saga “Tomb Raider” pubblicato da “Eidos Interactive” prima dell’acquisizione di “Square Enix”.

Tomb Raider: Anniversary

Cover del gioco Tomb Raider: Anniversary

Dopo il buon lavoro fatto con “Tomb Raider: Legend”, a “Crystal Dynamics” viene affidato il compito di omaggiare la serie per il suo decimo anniversario riproponendo il primo gioco del franchise in più moderne vesti e meccaniche. Anche se il team di sviluppo si riferisce al titolo come un gioco nuovo profondamente ispirato dall’originale “Tomb Raider”, è impossibile non riferirsi a questo titolo come un remake vero e proprio del gioco del ‘96, in quanto musiche, ambientazioni e trama attingono a piene mani dal lavoro di Core Design e le somiglianze sono troppe per ridurle ad omaggi o citazioni.

Tomb Raider: Legend

Cover del gioco Tomb Raider: Legend

Dopo il tonfo del sesto capitolo della serie, che ha minato gravemente il franchise, “Eidos Interactive” cancella i sequel progettati da “Core Design” ed affida il franchise allo studio “Crystal Dynamics”, con aggiunta la figura chiave di Toby Gard, creatore del personaggio di Lara e del primo capitolo della saga. Gard lasciò il team perché contrario all’eccessiva sessualizzazione che l’editore voleva per Lara a fini di marketing. Il nuovo studio, con “Tomb Raider: Legend”, tenta un soft-reboot della saga, limando origini e character design della protagonista.

Tomb Raider: Angel of Darkness

Cover del gioco Tomb Raider: Angel of Darkness

Al lavoro sul titolo già dagli inizi dello svilupo di “Tomb Raider: Chronicles”, “Core Design” sotto pressioni di “Eidos Interactive”, viene spinta a finire al più presto lo sviluppo, tagliando e rattoppando quanto possibile il gioco, per poter rispettare la data di lancio nel 2003 e sfruttare il marketing aggiuntivo del sequel cinematografico “Tomb Raider: La culla della vita”, in uscita lo stesso anno. Ciò ha portato al rilascio di un titolo monco in ogni suo aspetto.

Tomb Raider: Chronicles

Cover del gioco Tomb Raider: Chronicles

Dopo 4 titoli sviluppati consecutivamente, “Core Design” dimostra una certa stanchezza e mancanza di idee, riversata nel lavoro di pochi mesi in questo nuovo titolo del franchise. “Eidos Interactive” ha insistito che la serie continuasse, anche dopo le scelte di trama impostate dal team di sviluppo nel capitolo precedente ed ecco che, nel 2000, viene pubblicato un prodotto che sembra non mostrare impegno, amore o originalità da un team che ormai non sa più che inventarsi per ottemperare le richieste del publisher.

Tomb Raider: The Last Revelation

Cover del gioco Tomb Raider: The Last Revelation

Nel 1999, per il quarto anno consecutivo, “Eidos Interactive” pubblica la quarta incarnazione delle avventure di Lara sempre sviluppata da “Core Design”, “Tomb Raider: The Last Revelation”. Lo sviluppo cominciò nel 1998 in parallelo con i lavori a Tomb Raider III. Il team, che ormai sentiva la stanchezza di lavorare senza sosta sullo stesso personaggio e gioco, oltre ad un chiaro abbassamento di qualità e di idee visto nel terzo capitolo, ha cercato di strutturare il tutto come ultima avventura di Lara, inizialmente all’insaputa di Eidos Interactive, che invece non aveva alcuna intenzione di fermare il franchise.

Tomb Raider III

Cover del gioco Tomb Raider III. Adventures of Lara Croft

Il terzo capitolo della saga di “Tomb Raider” viene rilasciato a poco meno di un anno dal precedente capitolo sotto forte richiesta di “Eidos Interactive”, nonostante le volontà del team di sviluppo “Core Design”, di prendersi un po’ più di tempo. Diverse sono le migliorie ed i accorgimenti apportati in Tomb Raider III, ma non sono stati abbastanza da elevarlo allo stesso livello dei precedenti, risultando in un compendio di ripetitività e banalità, godibili nel complesso, ma lontano dall’essere un ottimo gioco.

Tomb Raider II

Cover del gioco Tomb Raider II

Dopo il grosso successo del primo capitolo e il forte impatto che ha avuto nell’industria, Eidos Interactive e Core Design non hanno tardato a rilasciare, a solo un anno di distanza, un sequel degno di questo nome, con un bilanciamento di genere migliorato, una serie di migliorie ed implementazioni tecniche ed alcune aggiunte al gameplay, senza però stravolgere nulla, confezionando un ottimo prodotto e consacrando definitivamente il personaggio di Lara ad icona pop.

Tomb Raider

Nel 1996, Core Design ed Eidos Interactive portarono alla luce un titolo, Tomb Raider, che contribuì all’enorme successo della PlayStation ed iniziò una saga leggendaria dell’industria videoludica, oltre che creare quello che da lì a poco, sarebbe diventato uno dei personaggi simbolo del videogioco, Lara Croft. Nonostante altri titoli prima di lui abbiano definito il genere, Tomb Raider è sicuramente pioniere del suo successo, risultando di ispirazione per i videogiochi a venire. Profondamente ispirato ad “Indiana Jones” e “Tank Girl” per il concept di Lara e “Prince of Persia” per il gameplay di base, lo spirito di “Tomb Raider” rispecchia esattamente il suo nome, razziare tombe, attraversandone prima anfratti e trappole.

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