The Witcher 3: Wild Hunt
Prima uscita: 19 Maggio 2015
The Witcher 3: Wild Hunt
Premessa
Con la qualità e le peculiarità portate nell’ industria con i precedenti titoli della saga, un evoluzione impressionante dal primo al secondo capitolo ed una ricezione di pubblico e critica importanti, le aspettative sul terzo capitolo erano alte, e CD Projekt si è impegnata per raggiungerle, riuscendo anche a superarle. “The Witcher 3: Wild Hunt” è la dimostrazione che si può sempre fare di meglio rimanendo fedeli alle idee e assets iniziali, espandendo certi aspetti e migliorandone altri, spingendo abbondantemente sulla quantità senza sacrificare troppo la qualità. Ed è così che il team di sviluppo “CD Projekt RED” ha lavorato sul titolo, aggiungendo passione e amore per i videogiocatori, riuscendo a portare sul mercato un gioiello del genere Action-RPG, capace di intrattenere per diverse ore e per diversi motivi, pur mostrando i limiti di certe scelte di design e narrative.
La Spada del Destino
A partire da un estratto del racconto che porta lo stesso nome del titolo, una riflessione sull’ineluttabilità del fato, sul determinismo, l’indeterminismo e la concezione del destino di Georg Simmel.
Standard
Gioco base;
Dayone Edition
Gioco base, colonna sonora, compendio sulla saga, mappa cartacea mondo di gioco, adesivi;
Collector's Edition
Dayone Edition, statua in resina (33x24x26 cm), medaglione da witcher, Artbook;
Game of the Year Edition
(chiamata Complete Edition per le console)Gioco base, tutte le espansioni;
Recensione
Versione testata: PC, Standard Edition
Comparto Narrativo
Geralt ha finalmente recuperato la sua memoria ed è sulle tracce di Yennefer, l’amata del suo passato che aveva dimenticato. E’ però Yennefer a trovare lo strigo. La maga lo cercava per conto dell’imperatore nilfgardiano Emhyr var Emreis attualmente impegnato a condurre una guerra ai regni del nord, che vuole affidare a Geralt un contratto importante: trovare e riportare a casa sua figlia Cirilla. Per Geralt la questione assume un valore ancora maggiore poichè Cirilla, “Ciri”, è oltremodo legata allo strigo, in quanto in passato, dopo aver aiutato a sventare una maledizione ed aver reclamato la cosiddetta “legge della sorpresa”, ottenne la ragazza come ricompensa, che divenne sua protetta o ancor di più una figlia adottiva.
Ad aumentare l’urgenza e la preoccupazione sul ritrovamento della ragazza vi è la Caccia Selvaggia, una schiera di elfi provenienti da un altro mondo guidati dal comandante Eredin. L’elfo ha messo gli occhi su Ciri per via del suo sangue Ancestrale, una discendenza antica che le garantisce poteri molto potenti; la ragazza è infatti capace di viaggiare attraverso lo spazio ed il tempo, ma non sa controllare bene questo potere. Geralt deve quindi trovare Ciri prima della Caccia Selvaggia, non solo per salvare la ragazza ma anche per evitare che il suo potere cada in mani sbagliate.
Un incipit abbastanza corposo(per chi non conosce i libri o le storie di Andrzej Sapkowski) che mette parecchia carne al fuoco, impegnando fin da subito la narrazione. La profondità della trama iniziale tuttavia si andrà diluendo fin da subito diventando abbastanza in fretta una scontata successione di eventi che nascondono sotto un eccellente scrittura ed una ricchissima trama, una deludente banalità della narrazione. Tangibile anche un progressivo impoverimento della struttura narrativa e un ritmo tortuoso e inconsistente della narrazione.
La storia si impantana fin da subito nel primo atto, diventando un ridicolo impelagarsi in favori a persone che fino alla fine dell’atto non porteranno ad alcun progresso nella trama, che allenta e sbiadisce così l’iniziale spinta narrativa. Si sblocca tardi, nel secondo atto, accelerando in maniera spropositata il ritmo ed aggiungendo elementi e personaggi senza più particolare criterio o giusto spazio di caratterizzazione, passando da tempi estremamente dilatati ad un secondo, ed anche terzo atto, troppo ristretti. Si perdono in questo modo approfondimenti su aspetti importanti della trama che lasciano trasparire una certa superficialità nella rappresentazione degli eventi, seppur questi ricchi al livello di contenuti.
Con un ritmo talmente “rotto” la trama, di per sé poco profonda ed ispirata nello svolgimento, finisce per non avare abbastanza pathos, diventando il sotto testo narrativo dell’esperienza piuttosto che esserne motore e veicolo. Tutto questo tenendo conto però che la storia, nel suo complesso, è ben scritta e comprensibile, oltre che essere avvincente ed entusiasmante in alcuni, specifici momenti, costituiti da una certa intensità emotiva, solamente smorzata dai problemi sopra citati.
La realizzazione dei dialoghi è ottima, spiccando anche in relazione all’immensa quantità di linee di testo, tra dialoghi principali e secondari. Spicca la qualità della scrittura di buona parte dei personaggi principali, estremamente ben caratterizzati e dalle sfumate personalità, che si contrappongono ad un discreto numero di personaggi introdotti ma mai approfonditi o caratterizzati a pieno. La profondità dei personaggi principali e l’attenzione data a gran parte dei secondari è ammirabile, soprattutto nell’impegno di eludere stereotipi ma piuttosto creare caratterizzazioni più articolate per la quasi totalità del cast.
Delude però la realizzazione dell’antagonista, che risulta alquanto insulso nel dover essere la maggiore minaccia affrontata dai personaggi e dal mondo di gioco, riducendosi ad una macchietta nell’intero prospetto narrativo. Mancando di carisma l’antagonista, l’intera Caccia Selvaggia si riduce ad un problema quasi secondario, poco minaccioso, che rimane in sordina quando invece dovrebbe essere parte rilevante della narrazione, come tentano i personaggi di evidenziare più volte ma fallendo nel panorama complessivo.
In generale poi, sia la ricerca di Ciri che la minaccia della Caccia Selvaggia, si sposano male con il core di gioco e le tempistiche date al giocatore nell’esplorazione oltre l’elevato numero di missioni secondarie e attività svolgibili nelle mappe, finendo inevitabilmente col devalorizzare l’importanza e l’urgenza della trama principale. Stupisce invece la qualità della trama di quasi tutte le quest secondarie, che risultano molto spesso interessanti e coinvolgenti a livelli inaspettati, non è raro infatti che una banale quest si trasformi in qualcosa di più, approfondendo spesso i temi trattati dal titolo.
Le tematiche sono invero le stesse a cui la saga ha abituato, portate con la stessa maturità del precedente capitolo ma con una minore intensità, vista anche la vastità del mondo di gioco. Odio razziale, violenza, sesso, guerra e politica, non trovano particolare piglio nella trama, riservandosi a contesti di contorno che vengono valorizzati solo dal alcune secondarie più studiate. A risaltare maggiormente nella trama principale è il concetto di destino, legato a doppio filo a Geralt e Ciri. La tematica si è andato perdendo nei precedenti capitoli, ma in questo terzo titolo ritorna preponderante e protagonista.
Balena anche un certo focus sull’amore paterno ed il rapporto tra Ciri e Geralt, riuscendo così a dare nuova linfa alla saga smorzando sulla brutalità del mondo di gioco e mostrando un lato più tenero ed umano dello strigo. Viene però meno nel complesso della filosofia di gioco, il concetto della scelta del “male minore”, portato avanti nella saga e valorizzato meglio nel precedente capitolo.
In “The Witcher 3: Wild Hunt” le decisioni di Geralt nella trama sono assai pilotate e poco rilevanti nello svolgimento della narrazione, risultando incisive solo nel finale. Gran parte delle scelte date al giocatore sono infatti fittizie, e l’assai proliferazione di queste nei dialoghi, palesa l’evidente veicolazione. Inoltre le poche scelte che in qualche modo influenzano gli epiloghi hanno una chiara identificazione nel giusto e sbagliato, privando della difficoltà morale di scegliere fra opzioni dalle grigie sfumature.
Di alta qualità invece le romance che il titolo propone. Al di là dei vari rapporti con diversi personaggi che il giocatore può intrattenere, i principali interessi amorosi con una sotto-trama dedicata sono Triss e Yennefer, egregiamente differenziati ed abbastanza influenti su alcune dinamiche e momenti della storia principale(senza però mai modificarla), da risultare molto caratterizzate e profonde.
Ad essere però quasi impeccabile, è la costruzione del mondo di gioco. Qui CD Projekt RED rasenta il capolavoro con una serie di dettagli che realizzano un ambientazione dall’ineluttabile coinvolgimento. Dagli usi e costumi delle persone al loro accento e cadenza nel parlato, dalle regole sociali alla realizzazione delle architetture, non si potrà infatti non notare la differenziazione dei luoghi visitati e della nazione che li occupa, diversificando persino le atmosfere palpabili nelle varie zone di gioco. Il titolo, pur permettendo di importare salvataggi dal precedente capitolo, non è per nulla influenzato dalle scelte e dal finale dello stesso. Anche in questo caso il gioco, attraverso delle scelte, può portare a 3 finali differenti, con un paio di varianti sempre relegate a scelte in missioni secondarie.
Gameplay
“The Witcher 3: Wild Hunt” segue nelle dinamiche il gameplay del suo predecessore smussando vari aspetti ed espandendone le possibilità. L’HUD rimane pressappoco identico al precedente capitolo, con la barra della salute in alto a sinistra di fianco il medaglione, sopra una barra bianca dei punti esperienza, sotto una barra verde per indicare il livello di tossicità e poco sotto il medaglione altre due barre, una che indica la resistenza con evidenziato il segno attualmente equipaggiato e l’altra ad indicare l’adrenalina. In alto a destra non cambia nulla dal predecessore, con una mini-mappa della zona e sotto la missione attualmente seguita, mentre accanto vi è un indicatore dell’ora di gioco. Nella parte bassa dello schermo invece: a sinistra tutti gli oggetti secondari attualmente equipaggiati mentre a destra un rimando ai comandi principali.
Se l’HUD riceve pochi cambiamenti, non lo fa la natura del titolo, che passa da un esplorazione limitata di macro-aree ad un semi open world, dove vi sono sì, regioni raggiungibili attraverso caricamento, ma l’esplorazione delle stesse è libera e costituita da mappe estremamente ampie e senza caricamenti al loro interno. Questo elemento si va ad aggiungere ai due rami che costituiscono il gameplay della saga, che sono riconoscibili in: interazione con i personaggi, combattimento e adesso anche esplorazione.
Partendo da quest’ultimo, il gioco fornisce una certa libertà al giocatore, introducendo oltre alla libera esplorazione, i viaggi rapidi ed il salto. Viene aggiunta anche una dinamica di appiglio a sporgenze che, insieme al salto, tenta di costruire una meccanica platform che risulta però poco rilevante nel complesso del gameplay, comunque molto legnosa e mal gestita, visto anche un calcolo dei danni da caduta troppo spesso esagerato e non consono. Più rilevante e meglio studiata la composizione del mondo di gioco, che vede mappe ricche di attività terziarie, luoghi di interesse e missioni secondarie nascoste, trovabili solo esplorando. Non sono tuttavia presenti “eventi randomici” che avrebbero reso dinamico ed un minimo mutabile il mondo di gioco.
Le mappe principali e più grandi sono due, con altre due aggiuntive decisamente più contenute ma che offrono comunque un certo numero di missioni e attività. L’esplorazione inoltre non si ferma sulla terra ferma, è infatti possibile non solo viaggiare per mare attraverso imbarcazioni ma anche andare sott’acqua, meccanica anche questa poco rilevante nel complesso del gameplay ma che, come il salto, aggiunge della diversificazione e verticalità non indifferenti.
Se per mare è possibile nuotare o usare imbarcazioni, sulla terra è possibile viaggiare sia a piedi che a cavallo. Geralt potrà infatti chiamare in qualsiasi momento con un fischio il suo cavallo “Rutilia” che spawnerà nei dintorni del giocatore. A cavallo di Rutilia, oltre a raggiungere velocità più elevate(gestendo la resistenza del cavallo) è possibile, con la sola pressione dello scatto, attivare una sorta di autoguida che permette a Rutilia di seguire autonomamente una strada.
Esplorando le mappe si troveranno inoltre numerosi crocevia utilizzati per i viaggi rapidi. La mini-mappa risulta(finalmente nella saga) chiara e facilmente decifrabile, con indicati i luoghi di interesse nei dintorni. Questi possono essere attività terziarie, missioni secondarie, crocevia o servizi quali fabbri, armaioli, mercanti, barbieri, alchimisti e bordelli. Succede a volte che alcuni punti di interesse già scoperti dal giocatore, non compaiano sulla mappa a meno che non siano all’interno del raggio della mini-mappa, rendendo in alcuni casi frustrante la ricerca di un fabbro o un armaiolo per esempio.
Altro problema relativo all’esplorazione è il movimento. Oltre a possedere un importante ritardo dell’input, il movimento risulta troppo spesso “scivoloso”, dando nel complesso la sensazione che sia fuori controllo. Al di là di ciò l’esplorazione permette di scoprire una quantità immensa di missioni secondarie, permettendo di interagire con un grosso numero di personaggi, che siano principali, secondari o comparse.
L’interazione con i personaggi viene semplificata rispetto al secondo capitolo, con adesso solo scelte di dialogo normali, azioni speciali con il segno axii per ammaliare l’interlocutore e pagamenti in denaro per contrattare o corrompere. In ogni caso Geralt si ritrova davanti a tantissime scelte morali, ma che saranno sempre a breve termine o comunque relegate alle missioni secondarie. Sono più uniche che rare nell’enorme ammontare di missioni proposte, quelle che alterano anche solo di poco, gli eventi nella trama principale, mentre sono solo 3 le scelte che determinano gli altrettanti epiloghi assieme a quello della trama principale. Quest’ultimo è determinato da un contatore sulla base di 5 scelte date al giocatore: a seconda del numero di scelte “positive” o “negative” effettuate, si presenterà un finale positivo o negativo.
Dunque, mentre la trama principale difetta del concetto di “scelte morali difficili”, non riuscendo a rispecchiare il tema della saga dello “scegliere il male minore”, proponendo piuttosto (troppe)false scelte veicolando la storia a proprio piacimento, ci riesce invece con la stragrande maggioranza delle secondarie, che seppur fini a se stesse, presentano interessanti zone grigie nelle decisioni e nei loro rispettivi finali.
Altra immensa qualità da attribuire alle missioni secondarie è la loro diversità, specialmente in relazione al loro numero. E’ estremamente difficile infatti trovare secondarie simili o uguali, poiché la maggioranza di esse è particolareggiata ed in molti casi più profonda di quanto ci si aspetti. Da segnalare sicuramente la qualità di quelle relative alle romance di Triss e Yennefer, che oltre ad essere profonde, sono anche abbastanza influenti in dialoghi e scene nella trama principale, sono comunque presenti anche altre interazioni “intime” con personaggi più secondari.
Al netto di un plauso per la qualità delle storie, si denota una certa ripetitività e leggera banalità nell’utilizzo dei sensi da witcher nelle missioni. Geralt deve spesso infatti investigare nelle zone, per trovare indizi che lo aiutino a risolvere i problemi. Queste indagini il giocatore li svolge semplicemente attivando con la pressione di un tasto i sensi del witcher, che evidenziano elementi nello scenario che vanno analizzati(semplicemente interagendo con loro) e che sbloccheranno il successivo passo della missione. Una meccanica tanto semplice ed interessante per la lore di gioco quanto presto ripetitiva ed abbastanza pleonastica come meccanica.
Tutte le missioni hanno un “livello consigliato” per essere svolte, impostando uno scaling fisso dei livelli leggermente mal bilanciato. Superando di troppo il livello consigliato, i punti esperienza ricevuti diminuiscono in base a quanto il divario tra livello suggerito e livello del giocatore è grande. Anche i nemici seguono la stessa meccanica e quelli troppo al di sopra del livello del giocatore vengono evidenziati con un teschio accanto al nome.
Vi sono diverse categorie di nemici che offrono un ottimo ventaglio di diversificazione degli approcci, mentre i vari nemici per categoria si diversificano solo per il modello, il nome e le immunità o debolezze, mantenendo sostanzialmente gli stessi move-set. Ciò si ripercuote pure sui mini-boss dei contratti o di certe missioni secondarie, che risultano essere semplicemente versioni più potenti e dal modello poligonale modificato del nemico normale.
Affrontando i nemici Geralt avrà a disposizione una copiosa quantità di armi, armature, pozioni e bombe. Le prime si dividono come nel precedente capitolo, in spade d’argento per i mostri e in spade d’acciaio per umani e bestie, a cui si aggiunge la balestra, arma debole principalmente usata per attaccare i nemici che volano(scaraventandoli al suolo) o sott’acqua; Le armature invece si dividono in 4 pezzi: torso, pantaloni, guanti, stivali; entrambi armi e armature, oltre ad essere craftabili avendo la formula e gli ingredienti, hanno diverse colorazioni a seconda della rarità dell’oggetto ed hanno fino a tre slot potenziamento, dove il giocatore può applicare rune e glifi che aggiungono o migliorano le statistiche e gli attributi dell’oggetto. Inoltre entrambi si consumano con l’utilizzo riducendone gradualmente le statistiche, necessitano quindi di riparazioni e manutenzione costante attraverso fabbri, armaioli o kit specifici.
Per quanto riguarda pozioni e bombe invece, l’alchimia in questo capitolo della saga è stata semplificata. Il giocatore deve infatti creare una sola volta una pozione o bomba per poterla usare a piacimento. Una volta creato, l’elemento alchemico possiede un numero tot di cariche che determinano il suo utilizzo. Le cariche aumentano potenziando la pozione o bomba con una formula alchemica e si ripristinano ad ogni meditazione possedendo nell’inventario dell’alcohol. Torna, legata all’alchimia, la tossicità che aumenta in base a quante pozioni sono state ingerite, ponderandone l’utilizzo. A differenza del capitolo precedente le pozioni in “The Withcer 3: Wild Hunt” possono anche essere ingerite durante un combattimento.
Il tutto è gestibile dall’inventario, che come per il precedente capitolo ha degli slot illimitati per gli oggetti ma è influenzato dal loro peso. Superato il carico massimo non sarà possibile correre o effettuare viaggi rapidi. L’interfaccia in tal senso è stata migliorata, permettendo facili confronti con l’equipaggiamento indossato, quello nell’inventario ed eventualmente quello di un mercante. E’ anche possibile smontare oggetti ed equipaggiamento per ottenere materiali ed ingredienti alchemici utilizzabili successivamente per il crafting o l’alchimia. Sempre dall’inventario infine sarà possibile potenziare con specifici oggetti quali sella, paraocchi e borse, il cavallo Rutilia, al quale si potrà legare anche un trofeo ottenuto da un mostro di un contratto, che fornirà un certo bonus passivo.
L’ultimo componente del gameplay che va a chiudere l’analisi è il combattimento. Al di là del fatto che è possibile attaccare da cavallo o usare la balestra sott’acqua, la totalità dei combattimenti si svolgono a piedi. Nei pressi di un nemico Geralt entrerà in modalità combattimento, puntando il nemico più vicino e impedendo il salto. Una volta in questa fase Geralt potrà eseguire parate, schivate corte, schivate lunghe, attacchi leggeri, attacchi pesanti, 2 attacchi speciali(se sbloccati come abilità) e utilizzare i segni.
L’intero combat system, nonostante la grossa varietà che sembra proporre, soffre di una pesante ripetitività. Il problema principale sta nel fatto che, di per sé, il sistema di combattimento non si evolve mai con il passare del tempo, rimanendo sempre lo stesso per tutta la durata del gioco, finendo per ripetere sempre le stesse strategie anche con gruppi di avversari diversi. La cosa diventa più evidente con il fatto che i nemici hanno un set di animazioni di attacco molto limitato, ripetitivo e raramente l’IA si adopera in modo tale da spingerci a pensare a specifiche tattiche o azioni.
In aggiunta a questo il gioco non riesce ad essere abbastanza reattivo, svogliando il giocatore ad usare la parata quando questa, così come la schiavata a volte, non viene effettuata per problemi di tempistiche legate alle animazioni o all’input. Ad aggravare la situazione poi la mancanza del “peso delle azioni”: il combat system non da un buon feedback per quanto riguarda il peso dei colpi sia dati da Geralt che ricevuti, finendo per rendere molti scontri anonimi, privi di intensità.
Meglio costruito invece il bilanciamento dei segni, che finalmente nella saga risultano tutti utili e validi a seconda del nemico. Questi ritornano ad essere: igni che incendia i nemici, aard che li destabilizza, quen che crea uno scudo attorno a Geralt, yrden che rallenta e rende vulnerabili i nemici e axii che trasforma per breve tempo nemici in alleati. Ogni segno ha una modalità di fuoco secondaria ed è potenziabile dall’albero delle abilità, che è cambiato molto dai precedenti capitoli.
In “The Witcher 3: Wild Hunt” il giocatore ha a disposizione un totale di 12 slot(che si sbloccano salendo di livello) dove potrà andare a posizionare delle abilità. Queste sono ottenibili e potenziabili spendendo punti abilità tra 4 diverse categorie di skill. Ogni 3 slot è disponibile uno slot speciale dove poter posizionare un mutagene. In base a quante abilità dello stesso colore del mutagene vi sono nei tre slot corrispondenti, si riceverà un determinato bonus. Questo sistema di crescita permette eventualmente al giocatore di sperimentare build diverse ed è stato studiato per rendere più competitivo il combattimento. Tuttavia per i problemi sopra discussi del combat system, questo modello amplifica la ripetitività del gioco, impedendo un ventaglio maggiore di possibilità, oltre che non possedere effettivamente abilità capaci di cangiare l’approccio ai combattimenti.
Si conclude l’analisi del gameplay segnalando la rimozione, rispetto al capitolo precedente, di momenti QTE, ed inoltre la presenza di alcune brevi sezioni di gioco dove il giocatore impersonerà Ciri. In quei casi inventario e segni non saranno disponibili ed il combattimento sarà relegato ai colpi di spada di Ciri e ad un paio di sue abilità uniche. Anche le scelte di dialogo avranno un peso nullo sulla storia, oltre che nessuna possibilità di esplorare liberamente la mappa.
Comparto Tecnico
Il gioco si regge su una versione evoluta del “RED Engine”, che porta diversi miglioramenti oltre alla possibilità di gestire bene vasti ambienti open world. La nuova versione del motore di gioco vede migliorato innanzi tutto uno dei maggiori difetti del precedente capitolo, l’illuminazione. In “The Witcher 3: Wild Hunt” le luci statiche e dinamiche sono ben gestite ed anzi sono tra i maggiori elementi che valorizzano gli scenari. Solo alcuni effetti luce relativi all’occlusione ambientale raramente non sono ben simulati, ma nulla di rilevante.
Di fatto gli unici problemi riscontrabili sono alcuni artefatti grafici saltuari, poco notabili o fastidiosi, che in un prodotto di tale dimensione sono più che accettabili soprattutto in una così ridotta quantità. Eccellenti le animazioni facciali sia dei personaggi principali che di quelli secondari, un po’ meno quelle dei movimenti dei modelli, che mostrano la loro legnosità in particolare quando, in certe cutscene, i corpi entrano in contatto(per esempio in una lotta), in quel caso i tagli del montaggio e movimenti di camera cercano di nascondere le impacciate interazioni fisiche.
Nel complesso, nonostante sia ovvio che maggiore attenzione sia data ai personaggi principali, anche quelli secondari e persino quelli terziari hanno un certo grado di attenzione nei modelli poligonali. Effetti particellari, superficie dell’acqua, effetti volumetrici e la complessità geometrica degli oggetti sono sempre su alti livelli per il motore di gioco, che nel frattempo non presenta più l’effetto dithering sui bordi delle ombre, ora ben realizzate. Continua invece a soffrire l’engine di un effetto pop-up degli oggetti sulle lunghe distanze, che viene però ampiamente ridotto e limato in questo terzo capitolo.
L’IA non è particolarmente sveglia o aggressiva, con nemici che spesso aspettano il turno per attaccare. In alcuni casi, se abbastanza vicini al mare, i nemici non ci seguiranno in acqua, rimanendo fermi ad aspettare. Il motore fisico è però la parte meno riuscita tecnicamente del titolo, in quanto la fisica risulta molto basilare ed a tratti banale, legata anche in parte alla “mancanza di peso” nei colpi dati e ricevuti in combattimento. Si nota una superficialità sull’argomento anche durante il semplice movimento o le interazioni di due oggetti. Esempio sono i capelli di Geralt che non posano sulle spalle ma rimangono leggermente sospesi in base all’utilizzo di certe armature.
A proposito dei capelli, il gioco utilizza le funzioni di NVIDIA Hairworks per la simulazione dei capelli di Geralt e del pelo di certi mostri. Mentre sui nemici l’effetto è sempre riuscito, in alcuni casi per i capelli di Geralt, a causa dei primi piani nelle cutscene si denota a volte una certa “oliosità”. Al netto della grandezza del titolo, la maggior parte delle texture sono in alta risoluzione e quelle che non lo sono, son ben nascoste, visibili a volte solamente per certe inquadrature di camera.
Detto questo CD Projekt ha nascosto il meglio del comparto tecnico nei dettagli. L’estrema qualità, ricchezza e costruzione delle città, in particolare Novigrad, è eccezzionale, così come il loro popolamento di NPC che attraverso percorsi e discorsi rendono vivi e quasi dinamici città e villaggi. Anche l’intensa simulazione del vento sulla vegetazione, seppur forzato e non simulato in tempo reale, contribuisce alla creazione di scenari mozzafiato. Insieme poi ad uno skybox sempre perfetto, “The Witcher 3: Wild Hunt” stupisce di come qualsiasi luogo, in qualsiasi momento, sia uno spettacolo per gli occhi, grazie ad una direzione artistica eccezionale da parte del team di sviluppo ed un oculata scelta della palette cromatica e delle luci per la fotografia.
Senza inoltre nominare gli ispiratissimi ambienti, i diversi luoghi, il tempo atmosferico dinamico, i sontuosi e variegati paesaggi, le persone, i loro costumi, le architetture di case e città, gli accenti persino; che regalano insieme un immersione rara. Il tutto condito ancora una volta da un ottima colonna sonora, forse leggermente al di sotto della qualità che i predecessori hanno portato, ma che riesce comunque ad enfatizzare il viaggio e ad rievocare, forse su questo aspetto anche più dei predecessori, il folklore slavo del medioevo fantasy creato da Sapkowski. Anche al livello di doppiaggio il lavoro è eccellente, con praticamente un qualità delle performance recitative unanime.
Ultime Recensioni
Con questo terzo capitolo CD Projekt RED confeziona un Action-RPG di altissimo livello, che affianca ad una esuberante quantità di elementi un altrettanta qualità. Un’immenso numero di quest secondarie dall’ottima scrittura, generosissimo numero di equipaggiamenti ed item utilizzabili, oltre che un enorme numero di attività da scoprire e svolgere in una libera esplorazione di mappe ampie e ricche. Tutto sulla basa di un motore di gioco dall’invidiabile comparto grafico, dove vigono una direzione artistica ed una costruzione del mondo di gioco sbalorditivi. Aggiungiamo un ottima caratterizzazione del cast principale di personaggi, ottimamente interpretati, ed un comparto sonoro che riesce bene a rievocare le atmosfere dark-medievali della saga e a valorizzarne l’esperienza, ed ecco ricostruito il quadro di un prodotto vicino al capolavoro. Vicino, ma non raggiunto. Il titolo vive infatti di molte luci ed ombre nella sua composizione. Dal punto di vista narrativo propone una storia davvero ben scritta e ricca, ma dal ritmo completamente mancato ed un certo grado di banalità, con un primo atto ridondante ed inconsistente e i due ultimi atti precipitosi ed a tratti superficiali. Segue una palese veicolazione della trama principale, lasciando poca vera scelta al giocatore, mentre il gioco si fossilizza su di un combat system mai in evoluzione e fin da subito ripetitivo. Si aggiungono poi una scarsa simulazione della fisica che si ripercuote in special mondo nel movimento ed un IA nemica poco stimolante, ed ecco il lato logoro di una altrimenti impeccabile medaglia. I suoi difetti però, seppur importanti, non riescono clamorosamente a trascinare a fondo la qualità del prodotto finale, che grazie alla copiosa quantità di dettagli ed elementi di contorno pregevoli, oltre ad una rara immersività ed una innegabile qualità e ricchezza nella scrittura generale, “The Witcher 3: Wild Hunt” si annovera ferocemente tra i migliori del suo genere.
Difficile non amare questo titolo. e non restarne stregati. E’ difficile spiegare inoltre come i suoi difetti non abbiano scalfito minimamente la mia esperienza. The Witcher 3 è un ottimo Action-RPG, che riesce a catturare il giocatore specialmente per l’incredibile fascino che il mondo di gioco possiede immergendoti completamente nella sua lore. Personalmente la storia non mi è dispiaciuta. Tra alti e bassi scorre tranquillamente, anche perché presto è passata in secondo piano dinanzi all’immensa esperienza che le mappe offrono. Se infatti alcune missioni legate alla principale sono state interessanti, la miglior esperienza l’ho avuta con le secondarie, e quante secondarie. La libertà che ti da il gioco fin dal principio è quasi disorientante, con un numero di roba da scoprire e fare da applausi. Nonostante questo però la storia ha i suoi momenti intensi, che ho apprezzato all’inizio e durante lo svolgimento, con alcuni momenti decisamente toccanti. Il finale però mi ha lasciato leggermente insoddisfatto, con una sensazione di estromissione, come se io giocatore non fossi più tanto influente. Ma questa è in fin dei conti la storia di Ciri, non di Geralt. Entrambi i personaggi, insieme a Yennefer, sembrano essere le uniche persone importanti all’interno del gioco, lasciando una schiera di personaggi secondari sullo sfondo, che comunque posseggono un ottima caratterizzazione. Mi è dispiaciuto per lo “spreco” di alcuni personaggi, che avrebbero potuto contribuire di più alla narrazione. Per quanto riguarda le scelte in gioco, se è vero che nella trama principale non sono tanto determinanti, non si può non percepire la grigia morale che pervade il mondo di gioco, grazie alla scrittura e alle scelte che si effettuano per le oltre 200(?) missioni secondarie. La sensazione che ci sia ancora qualcosa da scoprire ti pervade costantemente, anche quando credi di aver fatto e visto tutto. Sicuramente tra le scelte migliori (e più difficili) è stato scegliere tra Triss e Yennefer, tra le migliori romance che un videogioco può offrire a mio parere, con piacevole sorpresa di vedere quanta attenzione sia stata data alle due romance. Portentoso l’ ammontare incredibile di oggetti ed equipaggiamenti, che ti spingono ad un costante miglioramento e sostituzione di armi e armature o alla creazione di nuovi oggetti tramite formule. Persino il semplice galoppare a cavallo da un punto ad un altro diventa una piacevole esperienza, tanto spesso da decidere di non usare il viaggio rapido per godermi il panorama. La cosa è ovviamente amplificata dal comparto tecnico, ammaliante. Anche la più semplice ed innocua collina in the Witcher 3 diventa un quadro rilassante, grazie ad una composizione di colori e scenari semplicemente perfetta, sempre. Non c’è un posto che non appaia magnifico. Aggiungiamo poi una colonna sonora altrettanto perfetta ed ecco che senza accorgersene sono passate ore ed ore di gameplay. Tra le poche cose che ho trovato fastidiose, c’è il modo eccessivamente esplicativo che ha Geralt di spiegare al giocatore la situazione, diventando pomposo, esagerato, insomma Geralt durante le indagini parla troppo. Ed è questo l’unica cosa che veramente mi ha dato fastidio del titolo, ancor di più del combattimento o del movimento. E’ vero, c’è un delay nel movimento, ma ci si fa subito l’abitudine e non l’ho più sentito pesante come in principio. Così come non ho trovato pesante, neanche dopo mille ripetizioni delle stesse strategie, il combattimento. E’ questa la cosa più inspiegabile di tutte. Il combattimento, nonostante i difetti mi ha comunque divertito, senza mai annoiarmi, un divertimento scaturito probabilmente dall’immenso apprezzamento del resto del gioco che non lascia spazio all’odio per altre meccaniche mal riuscite, come per esempio la fisica. “The Witcher 3: Wild Hunt” è un Action-RPG dall’incontestabile fascino, che riesce con la sua quantità di cose da fare, insieme ad un immersione del mondo di gioco strabiliante ed un magnifico comparto tecnico, a bissare completamente i suoi difetti dal mio punto di vista, valorizzando al massimo i suoi lati migliori e mascherando alla perfezione i suoi lati peggiori.