Altri risultati...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filtra per categorie
Editore
Franchise
Gioco
Riflessione
Sviluppatore

Altri risultati...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filtra per categorie
Editore
Franchise
Gioco
Riflessione
Sviluppatore
Cover del gioco Bioshock
Recensione

Riflessioni – Bioshock

La filosofia di Andrew Ryan come caricatura e rappresentazione dell’oggettivismo di Ayn Rand. Le similitudini si sprecano nel confronto tra i lavori della scrittrice e il mondo di “Bioshock”, in un interessante riflessione sui parallelismi riscontrati nei concetti e nelle filosofie, culminanti nella frase “No Gods or Kings, only Man”.

La filosofia principale di “Bioshock” é il principio di scelta. Il titolo gioca molto su questa parola e sul suo significato, andando a stratificare i livelli di interpretazione e creare una profonda connessione tra gioco e metagioco, enfatizzando la frase “Un uomo sceglie, uno schiavo obbedisce”.

No Gods or Kings, only Man

L’intera Rapture si rifà al suo fondatore Andrew Ryan, come simbolo di individualismo ed oggettivismo. Non a caso il nome e la storia del personaggio richiamano la scrittrice Ayn Rand, anche lei di origini russe poi trasferitasi in America, fondatrice dell’oggettivismo ed autrice tra le altre cose de: “La rivolta di Atlante”, romanzo al quale si ispira Bioshock. I parallelismi con la Rand e i suoi romanzi non finiscono qui: le sue opere maggiori sono infatti la “fonte meravigliosa” e “la rivolta di Atlante”, che nella lingua originale s’intitolano “Founteinhead” e “Atlas Shrugged” chiari riferimenti a Fontaine e Atlas.

Come detto tutto il gioco si rifà alla magna opera della Rand, “Atlas Shrugged”. Nel romanzo infatti le più grandi menti del mondo cominciano a sparire misteriosamente, sotto le direttive e la guida di John Galt, ingegnere che, stanco delle restrizioni dello stato e della sua politica totalitaria volta a confiscare il successo dei membri produttivi della società, mette in atto il primo vero grande sciopero intellettuale per enfatizzare il concetto per il quale l’unico vero proprietario delle proprie capacità è l’individuo.

Convince così le grandi menti della società non più valorizzate nella comunità collettivista a rifugiarsi in una città avanzata tecnologicamente nascosta al mondo da pannelli che riflettono la luce, lasciando nel baratro la società, ora privata della gente produttiva e degli uomini e delle donne che erano il vero motore della società. Da qui il nome “La rivolta di Atlante”, o come la definisce nel suo romanzo la Rand, la rivolta dei “prime movers”, i motori primi della società, che si ritrovano in una situazione simile a quella di Atlante nella mitologia greca, che venne condannato da Zeus a sostenere la volta celeste, così come gli scienziati, ingegneri, imprenditori e qualsiasi mente produttiva, è condannata dallo stato a sostenere con il proprio lavoro la società.

Andrew Ryan é Jhon Galt, che fonda Rapture, città nascosta al mondo e popolata delle più grandi menti dell’umanità con lo scopo di creare una nuova città capitalista dove l’individuo è padrone delle sue proprietà e dove non vi sono limiti di sorta da parte di un governo invasivo per la salvaguardia di chi invece non è produttivo. Questa totale negazione dell’altruismo, in Rapture culmina nell’esistenza delle sorelline, simbolo di una utopia in realtà distopia, che condanna bambine orfane non tutelate dallo stato a diventare semplice merce nel mercato autoregolato dell’oggettivismo Randiano.

L’idea economica di tale pensiero filosofico è infatti il “Laissez-faire”, letteralmente “lascia fare”, un mercato autoregolato non contaminato dallo Stato, secondo il quale l’egoistica ricerca del singolo dei propri interessi e del proprio benessere basta a garantire la prosperità economica dell’intera società, seguendo la metafora di Adam Smith della “mano invisibile” che Ryan invece chiama e definisce “la Grande Catena”. Il collasso di Rapture e la battaglia civile tra Ryan e Fontaine sono simbolo di come questo pensiero è sbagliato. Fontaine infatti dice in uno degli audiolibri:

“Questi tristi idioti, vengono a Rapture pensando che saranno capitani d’industria, ma tutti dimenticano che qualcuno deve pulire i bagni”.

Riferendosi a tutte le grandi menti venute a Rapture pensando di diventare finalmente ricchi senza dover condividere il proprio successo e le proprie proprietà con i bisognosi, Fontaine ricorda una cosa fondamentale: non sono, come dice la Rand, i ricchi a sostenere la società, ma sono i poveri, chi pulisce i bagni, i lavoratori, a sostenere i ricchi. La povertà non è una condizione nata perché si è pigri o stupidi, ma nasce per mancate opportunità o addirittura per disuguaglianze sociali, tant’è vero che i ricchi diventano sempre di meno e più concentrati, ereditando le ricchezze e non meritandosele, mentre i poveri diventano sempre di più. Nell’esporre i propri ideali e la grandezza di Rapture, Ryan enfatizza la deriva fortemente meritocratica della sua ideologia esponendo attraverso un preciso monologo l’abbattimento dei “limiti” del mondo esterno:

“Un uomo non ha diritto sul sudore della propria fronte?

No dice l’uomo di Washington, appartiene ai poveri;

No dice l’uomo di Mosca, appartiene al popolo;

No dice l’uomo in Vaticano, appartiene a Dio;

Io rifiuto queste risposte, piuttosto scelgo qualcosa di diverso, scelgo l’impossibile, scelgo… Rapture”.

Con questo monologo, che funge anche da introduzione a chi sta per raggiungere Rapture, Ryan rigetta qualsiasi forma etico-religiosa degli stati socialisti o liberali che impone di condividere o comunque di perdere parzialmente o totalmente il controllo sul proprio lavoro, che deve invece essere al servizio della società, dei poveri o di Dio. Lui rifiuta questi imposizioni e piuttosto preferisce l’impossibile, un’utopia, uno stato dove la libertà individuale ed il controllo sul proprio lavoro sono totali, senza censure, limitazioni o contaminazioni da parte dello stato o della chiesa(no Gods or Kings, only man).

Tuttavia lo stesso Ryan finirà per non rispettare i suoi stessi principi quando comincia egli stesso a divenire un sovrano autoritario, che censura, che vieta incontri, che impone limiti, per mantenersi al potere, per paura di Fontaine, per la propaganda contro di lui, portando al collasso un’ideologia che in partenza risulta errata, visto che vede fallace una delle proprietà cardini dell’essere umano, l’altruismo.

Uomo e schiavo

Forse il più grande concetto affrontato da Bioshock è la scelta, la decisione ed il controllo che abbiamo su di essa come personaggio nel gioco e come videogiocatori. La riflessione dunque si sviluppa su 2 strati, partendo da quello più interno, il personaggio.

Jack, il protagonista, non compie delle scelte, per 2 motivi. In primis Jack è frutto di un piano ideato da Atlas per il quale risponde a lui e solo a lui attraverso un preciso comando, inculcatogli da un indottrinamento che lo porta, senza consapevolezza iniziale, a fare ciò che dice il padrone alle parole “per cortesia”, ideologicamente la frase(come anche per favore o per piacere) più antropologicamente pressante, in quanto ci spinge attraverso una quasi imposizione sociale, ad essere altruisti. Jack dunque nel suo girovagare per Rapture alla ricerca di un modo, secondo lui, di fuggire ed aiutare la famiglia di Atlas, in realtà sta facendo ciò che vuole Fontaine.

Lo stesso incidente dell’aereo non è casuale. E’ Jack stesso a dirottare l’aereo secondo le direttive di Atlas scritte nel regalo che “sua madre” gli aveva dato, madre inventata ed inserita nei suoi pensieri in quanto l’intera sua mente è modellata da Atlas, tant’è che non solo gli inventa dei ricordi di genitori, ma gli cancella i ricordi riguardo l’incidente. Jack dunque è a tutti gli effetti uno schiavo di Fontaine, simbolici i tatuaggi delle catene sui suoi polsi. Come dice Ryan: “un uomo sceglie, uno schiavo obbedisce”. Jack fa ciò che gli viene detto da Fontaine ed anche dopo la consapevolezza di questo suo stato, è costretto psicologicamente a obbedire a Ryan che gli chiede di ucciderlo al comando “per cortesia”, enfatizzando la differenza fra lui, un uomo, e Jack, uno schiavo, perché muore per sua volontà, Ryan sceglie di morire: “Un uomo sceglie, uno schiavo obbedisce”.

Jack inoltre non compie scelte perché siamo noi in realtà, a compierle per lui. Il giocatore guida e sceglie il comportamento di Jack nelle sue azioni e nell’iterazione con le sorelline. Jack non ha scelta se non seguire noi e Fontaine. Da qui ci eleviamo al secondo strato di riflessione, più esterno, il videogiocatore. Se è vero che siamo noi a controllare Jack e a decidere come comportarci durante l’avventura, è anche vero che, comunque, siamo forzati a seguire le imposizioni narrative del titolo. Non siamo veramente liberi di fare ciò che vogliamo, come giocatori possiamo compiere scelte che sono comunque già prestabilite dagli sviluppatori e dal quale non possiamo deviare, siamo schiavi del sistema narrativo. Inoltre noi stessi siamo vittima del controllo di Atlas, perché gli obiettivi da raggiungere nel gioco ci vengono dati, anzi imposti, da Atlas che così facendo controlla sia Jack che noi.

Anche noi facciamo quello che vuole Atlas, senza poter scegliere se aiutarlo o meno. Bioshock dunque propone un interessante spunto di riflessione sul rapporto tra il giocatore ed il medium, sul concetto di libertà e scelta. E’ qui che ci si rende conto della profonda connessione tra tematiche, narrazione e gameplay, tra gioco e giocatore. Fino al momento della scoperta del piano di Fontaine, siamo stati, volenti o nolenti, al suo gioco, ai dogmi del videogioco che ci dà una missione da svolgere, mantenendo quella sospensione dell’incredulità che ci tiene comunque distaccati dalla vicenda. Nel momento in cui scopriamo il giogo di Fontaine la cosa diventa personale, ci sentiamo presi in giro da Fontaine, dal gioco, dagli sviluppatori stessi. Dunque ciò che accade dopo diventa una crociata personale per liberare e vendicare non solo Jack ma anche noi come giocatori. E’ in questo momento che le intenzioni del personaggio Jack, diventano anche le nostre da videogiocatore.

L’unica scelta propostaci da giocatori è quella di prosciugare o salvare le sorelline. Ma questa è in realtà più una distrazione, un pretesto per distogliere il nostro sguardo, per non farci rendere conto che in realtà non abbiamo scelta. Fontaine ci lascia fare queste scelte sulle sorelline per illuderci di avere un certo grado di libertà che in realtà non abbiamo. Tuttavia è doveroso ricordare le parole di Ryan: “Noi tutti facciamo le nostre scelte, ma in fondo sono le nostre scelte a fare noi…” e queste assumono significato nel finale, che dipende da come abbiamo trattato le sorelline nell’unica scelta a noi disponibile durante il gioco. Scegliendo di prosciugarle o salvarle, determineremo e modelleremo la personalità di Jack che assumerà vera forma solo nel finale, una volta libero.

Sottoscrivi
Notificami
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
0
Lascia un commentox
Effettua il Log in

Non hai un account?